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Attilio Règolo, Marco.

Generale e console romano. Nel 267 a.C. trionfò sui Salentini e conquistò Brindisi. Quando alla fine del 257 a.C. il Senato romano deliberò di colpire nel cuore il territorio cartaginese, ottenne l'incarico di condurre la campagna insieme al console Manlio Vulsone (prima guerra punica, 263-241 a.C.). La vittoria sui Cartaginesi guidati da Amilcare nella battaglia di Ecnomo assicurò alla flotta romana il predominio sul mare e la possibilità di sbarcare sul suolo africano, dove A. stabilì un immenso campo navale presso Aspis-Clupea; dopo vari successi Manlio tornò a Roma, mentre A. proseguì verso Cartagine, accampandosi a sole 15 miglia dalla città. Irremovibile e dotato di scarse doti politiche, egli rifiutò di accordarsi con i Numidi (ribellatisi al dominio cartaginese) e fece fallire gli accordi pretendendo eccessive richieste. Pochi mesi dopo, l'esercito cartaginese, rafforzato da truppe mercenarie con a capo Santippo, sconfisse l'esercito romano in una battaglia presso Tunisi, e lo stesso A. venne fatto prigioniero mentre le truppe venivano annientate. In seguito, mandato a Roma con l'incarico di chiedere la pace ma con giuramento di tornare se questa non fosse stata conclusa, secondo la leggenda A. avrebbe esortato i compatrioti a proseguire la lotta. Tornato in Africa, sembra che fu fatto morire fra tormenti atroci. Infatti secondo il racconto che si trova in Appiano (II sec. d.C.) e in Giovanni Tzetze (XII sec.), ma che non è provato storicamente, egli sarebbe stato fatto rotolare rinchiuso in una botte irta di chiodi e sarebbe quindi stato schiacciato da un elefante. • Lett. - La tradizione antica condannò la superbia e l'inflessibilità di A. Ma già nelle Odi di Orazio viene celebrato come il modello di eroe romano. Nei secoli la sua figura si arricchì di connotazioni eroiche e tragiche che ne determinarono la fortuna letteraria: Tertulliano e Agostino videro in lui l'eroe pagano, e il suo coraggio fu oggetto di ammirazione da parte di Dante e di Boccaccio. Esaltarono il personaggio nel 1671 Jean Desmaretes de Saint-Sorlin nel poema Regulus ou le vray généreux e nel 1740 Pietro Metastasio nel melodramma omonimo. Successivi melodrammi ispirati al personaggio furono quello di N. Jommelli nel 1752 e quello di J.A. Hasse nel 1750 (m. 250 a.C.).